'Così ho abbandonato la vita notturna per dedicarmi ai poveri'

homeless 3' di lettura 27/04/2010 -

Clandestini, clochard, uomini in fuga dalla dipendenza dall'alcol. Per dedicarsi a loro ha cambiato vita, dimenticando da un giorno all'altro chi era prima. Povero tra i poveri, tocca ogni giorno con mano miseria e disperazione. Quello che colpisce di lui sono gli occhi. Emanano luce.



Ma la grande avventura per lui è stata nelle Marche, dove il suo esempio ha già ispirato altri giovani, che lo hanno seguito nella sua esperienza.

Originario di Parma, Simone Strozzi ha solo 35 anni. Arbitro di basket dall'età di 14 anni, ha bruciato le tappe esordendo in serie A a 25, dopo avere diretto nel 2000 la finale scudetto femminile. Diplomato geometra e intrapresi gli studi alla facoltà di giurisprudenza, Simone è poi entrato in azienda, diventando in breve tempo direttore acquisti e logistica della Lampogas. Ha chiuso la carriera di arbitro per seguire la vocazione in massima divisione, dopo 52 presenze tra A2 e A1. Per lo stesso motivo ha lasciato anche il proprio incarico in azienda.

Ora la sua vita è per strada tra i poveri, i disperati. Ad Ancona e non solo, di sera, nelle piazze che spesso si trasformano in rifugio per extracomunitari, senzatetto, tossicodipendenti, è arrivato a distribuire pasti caldi, bevande, medicine, scarpe e indumenti. Insieme a lui Raffaele Verrillo, 28 anni, originario di Caserta e residente nel piceno, in prossimità di San Benedetto del Tronto e Jesus Calero, 29 anni, spagnolo. Fino a poco tempo fa Raffaele ballava nei locali notturni.

Una grande passione, quella per la danza, accantonata per dedicarsi agli altri. "Nel Giugno 2006 - ricorda - ad Ancona, dove frequentavo il quinto anno della facoltà di ingegneria, incontrai per caso don Enzo Serenelli, responsabile del servizio pastorale universitario. Un giorno mi presentò due ragazzi: Simone e Jesus. Mi invitarono al loro noviziato. Mi sentii immediatamente circondato d'affetto. In un attimo dimenticai il finto sorriso che per anni mi era stato rivolto nei locali notturni. Ho deciso di lasciarmi alle spalle quel mondo, fatto di luci psichedeliche, che spesso ci fa credere che un bicchiere in più cancelli tutti i problemi. Ma la realtà è un'altra: quando le luci si spengono intorno a noi c'è solo il buio".

"Il servizio in strada - continua - mi dona da sempre una grande gioia. Ad Ancona non facevamo in tempo a scendere dal furgone che eravamo circondati e accolti come fratelli. Mentre io distribuivo pasta e bevande calde, preparati dalle suore della mensa del povero, Simone e Jesus si sinceravano delle condizioni di salute dei nostri amici. E regalavano il loro tempo e il loro ascolto, beni preziosi in una società come questa, che ci porta a vivere ritmi di vita impossibili. Simone per me è stato un punto di riferimento fondamentale. Ha cambiato la mia vita e il mio modo di percepire le cose".

La sua famiglia era povera. Ma la povertà a Simone non ha mai fatto paura. Ha lottato come un leone, per i suoi genitori e per la sua vocazione. Le ha vinte tutte. Raffaele ha seguito il suoi esempio. E continua a infondere fiducia e speranza nelle persone che riesce ad avvicinare, ad Ancona, nella sua zona di residenza, ovunque.





Questo è un articolo pubblicato il 27-04-2010 alle 22:49 sul giornale del 28 aprile 2010 - 2845 letture

In questo articolo si parla di attualità, volontari, Poveri, lucia mosca





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